Con
l'avvento della “nuova” società, dalla seconda metà del XIX
secolo, anche in agricoltura, come già avvenne tempo prima per
l'industria e l'economia, entra prepotentemente nella scena la
"rivoluzione della chimica". Il “fare profitto” e “produrre
massivamente”, però, non si accompagnava al settore rurale,
sopratutto in ambiti, come l'Italia, in cui l'arretratezza delle
tecnologie contadine si faceva sentire in maniera pesante. Si rese
perciò necessario introdurre anche in questo settore degli
“espedienti” che potessero migliorare di molto la “resa” dei
terreni e dei campi.
Di
certo la rotazione triennale dei campi, basata fondamentalmente sulla
fissazione dell'azoto ad opera di batteri e piante sopratutto
leguminose, non rappresentava un cavallo da battaglia per la creanda
coltivazione intensiva. Subito si capì che era necessario ricorrere
ad altri metodi per fertilizzare i suoli in maniera massiva e molto
più efficiente. Il primo ad intuire ed interpretare questo “bisogno”
dei terreni fu Justusvon Liebig, un chimico (...te pareva!) tedesco dalla storia moltocuriosa. Chimico di formazione, ma anche biochimico, biologo e
agronomo per necessità ed intelletto, fu proprio questo curioso
personaggio che intuì per primo la necessità di “introdurre”
azoto nel terreno al fine di renderlo più fertile e di rimbalzo più
produttivo. Tutta la scienza agronomica si orientò quindi verso
questo “dogma” presentato da Liebig.
Il problema che nacque
subito dopo fu la maniera di reperire l'azoto, al fine di
trasformarlo con alcuni processi chimici ed ottenere il necessario
per produrre fertilizzati agricoli. Mai come in questo caso si addice
il proverbio per cui “si fa di necessità virtù”. Tutto il mondo
agronomico, come era prassi fare si rivolse alla chimica per trovare
una soluzione. Fu così che alcuni chimici iniziarono a rispolverare
una parte di lavori svolta dal grandioso Cavendish, il quale nel 1781
bruciando idrogeno in aria, ottenne l'acqua sintetica che conteneva
sensibili quantità di acido nitrico. Nel 1786, sempre l'inglese,
facendo scoccare rapidamente delle scintille elettriche, ottenute con
l'ausilio di una macchina elettrostatica, in un recipiente contenente
aria e un eccesso di ossigeno, constatò che tutto l'azoto presente
nell'aria si era combinato con l'ossigeno.
Fra questi chimici ve ne
fu uno di particolare rilievo, inglese anch'esso, sto parlando di
William Crookes. Crookes, con l'energia elettrica, ci sapeva fare, e
la conosceva molto bene, per questo motivo, non gli fu difficile,
constatare nel 1892, riprendendo le osservazioni di Cavendish, che
l'azoto si combina perfettamente con l'ossigeno mediante l'impiego di
un arco voltaico. Ottimo!, si pensò, il modo di produrre azoto
industrialmente è nostro! Ottimo, ma un po' meno di ottimo, perchè
si pose il grandissimo problema che, ai fini “laboratoriali”
l'arco voltaico era facile e non dispendioso da produrre, ma la resa
era davvero bassa, per traslare il processo dalla piccola alla grande
scala era necessaria una grandissima quantità di energia elettrica.
Persino Walther Hermann Nernst ( si... quello dell'equazione e del filamento...) trovò la strada sbarrata alla produzione dell'azoto quando nel 1896 la ditta Siemens-Halske di Berlino tentò un'applicazione industriale del processo, senza riuscirvi. Ma del resto si sa, nelle scienze e nella chimica sopratutto le componenti necessarie sono l'accuratezza, il genio, la pazienza. Quest'ultima fu di grande importanza, perchè nel 1905, con lo sviluppo di nuove tecnologie, due norvegesi, il professor Byrkeland e l'ingegner Eyde: nel maggio di quell'anno, a Notodden, misero in funzione uno stabilimento che produceva HNO3, e da quello sostanze azotate, a partire dall'aria.
Persino Walther Hermann Nernst ( si... quello dell'equazione e del filamento...) trovò la strada sbarrata alla produzione dell'azoto quando nel 1896 la ditta Siemens-Halske di Berlino tentò un'applicazione industriale del processo, senza riuscirvi. Ma del resto si sa, nelle scienze e nella chimica sopratutto le componenti necessarie sono l'accuratezza, il genio, la pazienza. Quest'ultima fu di grande importanza, perchè nel 1905, con lo sviluppo di nuove tecnologie, due norvegesi, il professor Byrkeland e l'ingegner Eyde: nel maggio di quell'anno, a Notodden, misero in funzione uno stabilimento che produceva HNO3, e da quello sostanze azotate, a partire dall'aria.
Il
ragionamento e le reazioni chimiche alla base di tutto sono i
seguenti:
- L'aria è un miscuglio di azoto (78%) e ossigeno (21%);
- Sfruttando l'arco voltaico è possibile combinare azoto e ossigeno per formare ossido nitrico;
- L'ossido nitrico poi reagisce ancora con ossigeno per dare biossido di azoto;
- Il biossido di azoto, assorbito in acqua, dà acido nitrico.
Il
forno Byrkeland-Eyde per l'ossidazione dell'azoto atmosferico
consisteva in un grosso tamburo di materiale refrattario (chamotte)
rivestito di lamiera di ferro, Al
centro del quale sono affacciate a circa 10 mm le estremità di due
elettrodi cavi di rame, Tra gli elettrodi si produce un arco
voltaico, alla tensione di 5000 V alternati, che sotto l'azione di
due potenti elettromagneti viene allargato in forma di disco,
chiamato sole elettrico,
dal diametro di circa due metri. L'aria atmosferica aspirata entra
nella camera del forno, costretta ad attraversare l'arco elettrico ad
altissima temperatura (3000°C). Parte dell'azoto si combina con
l'ossigeno per dare l'ossido nitrico. I gas in uscita dal forno
vengono raffreddati per evitare la decomposizione di NO in azoto e
ossigeno; successivamente NO era ossidato a NO2,
veniva poi introdotto in torri di assorbimento di granito riempite di
quarzo nelle quali pioveva acqua per formare l'acido.
(CHIEDO DAVVERO PERDONO PER LA TAMARRAGGINE DI QUESTO VIDEO, ma bisogna riconoscere che si vede davvero bene il sole elettrico e l'acido nitrico nascente!)
Secondo quanto descritto, le
reazioni sono
- N2 + O2 → 2NO
- 2NO + O2 → 2NO2
- 3NO2 + H2O → 2HNO3 + NO
Si arrivò in questo modo a
produrre acido nitrico, ovvero azoto disponibile per il terreni da
fertilizzare. Successivamente l'acido nitrico veniva fatto reagire
con sali contenti sodio, al fine di ottenere il sale Nitrato di sodio
ottimo fertilizzante per i terreni tutt'ora utilizzato.
In realtà, il metodo Byrkeland-Eyde non ebbe una grandissimo successo dal punto di vista industriale... Ma questa è un'altra storia...
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